Terra e acqua, vita e vino
L’una materna, nutriente e salda, l’altra sottile, fecondativa e flessibile. La terra e l’acqua sono i due elementi naturali più in grado di compenetrarsi a vicenda e di generare vita. È un assioma scritto negli archetipi culturali di ogni civiltà, negli astratti simbolismi ancestrali così come nelle traiettorie migratorie dei popoli verso mete stanziali.
Erodoto racconta che, nel periodo immediatamente precedente la seconda delle Guerre Persiane (480-479 a.C.), gli ambasciatori di re Serse si erano recati nelle città-stato della Grecia a chiedere metaforicamente “terra e acqua”, cioè il riconoscimento dell’autorità persiana. Lo storico greco, e dopo di lui anche Aristotele, fecero passare questa iniziativa come un atto di asservimento da parte dei Persiani, ma molto più probabilmente fu una profferta diplomatica di negoziazione: se i Greci avessero riconosciuto l’autocrazia di Serse, questi avrebbe rinunciato a incrociare le armi. Terra e acqua ovvero il fondamento che è a garanzia di tutto.
Nel secondo capitolo della Genesi è scritto che, dopo che Dio ebbe creato la terra e l’acqua tenendole separate, «nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata». Successivamente il Creatore unì i due elementi: plasmò l’uomo dal fango e lo pose nell’Eden rigoglioso, in cui un fiume scorreva «per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi».
Terra e acqua insieme sono anche all’origine del vino. Il loro rispettivo apporto e il loro reciproco rapporto sono una parte importante del terroir, al quale concorrono con la composizione organica e geologica del terreno, l’altimetria, la piovosità, l’umidità atmosferica e quella derivante dalla vicinanza di corpi superficiali idrici. La stessa aridocoltura, ampiamente praticata nei vigneti di Puglia, altro non è che la gestione della direzionalità biunivoca terra-acqua: immagazzinamento idrico nel suolo, captazione dell’umidità aerea e limitazione della dispersione acquea per evaporazione.
Tenute Lu Spada, il vino biologico con vista sull’area naturale protetta
L’una materna, nutriente e salda, l’altra sottile, fecondativa e flessibile. La terra e l’acqua sono i due elementi naturali più in grado di compenetrarsi a vicenda e di generare vita. È un assioma scritto negli archetipi culturali di ogni civiltà, negli astratti simbolismi ancestrali così come nelle traiettorie migratorie dei popoli verso mete stanziali.
Erodoto racconta che, nel periodo immediatamente precedente la seconda delle Guerre Persiane (480-479 a.C.), gli ambasciatori di re Serse si erano recati nelle città-stato della Grecia a chiedere metaforicamente “terra e acqua”, cioè il riconoscimento dell’autorità persiana. Lo storico greco, e dopo di lui anche Aristotele, fecero passare questa iniziativa come un atto di asservimento da parte dei Persiani, ma molto più probabilmente fu una profferta diplomatica di negoziazione: se i Greci avessero riconosciuto l’autocrazia di Serse, questi avrebbe rinunciato a incrociare le armi. Terra e acqua ovvero il fondamento che è a garanzia di tutto.
Nel secondo capitolo della Genesi è scritto che, dopo che Dio ebbe creato la terra e l’acqua tenendole separate, «nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata». Successivamente il Creatore unì i due elementi: plasmò l’uomo dal fango e lo pose nell’Eden rigoglioso, in cui un fiume scorreva «per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi».
Terra e acqua insieme sono anche all’origine del vino. Il loro rispettivo apporto e il loro reciproco rapporto sono una parte importante del terroir, al quale concorrono con la composizione organica e geologica del terreno, l’altimetria, la piovosità, l’umidità atmosferica e quella derivante dalla vicinanza di corpi superficiali idrici. La stessa aridocoltura, ampiamente praticata nei vigneti di Puglia, altro non è che la gestione della direzionalità biunivoca terra-acqua: immagazzinamento idrico nel suolo, captazione dell’umidità aerea e limitazione della dispersione acquea per evaporazione.
Il Minutolo di Tenute Lu Spada, allevato con sistema a guyot, finisce in purezza nel bianco bio Avocetta e il trattamento viticolo che ne fa l’azienda è un’operazione sperimentale, che possiamo definire proprio di terra e di acqua. «La nostra forzatura è sulla natura del terreno. Il Minutolo richiede suoli calcarei, come quelli della Valle d’Itria, mentre i nostri sono prevalentemente argillosi. Sta di fatto che la vicinanza dei nostri vigneti al mare e la loro esposizione al microclima del bacino del Cillarese conferiscono ad Avocetta una certa sapidità, in grado di vicariare la naturale mineralità dei terreni calcarei. Per noi è una sfida anche sui mercati, perché questo vitigno è poco conosciuto. Ma ci incoraggia il fatto che già alla prima degustazione le enoteche e i ristoranti lo trovino molto interessante».
I mercati a cui fa riferimento Dipietrangelo sono soprattutto quello pugliese e quello italiano, a cui si aggiunge qualche piccola esportazione in Inghilterra. «Il fatto che siamo nati da pochi anni – chiarisce l’amministratore – e le difficoltà legate alla pandemia non ci hanno ancora permesso di organizzarci al meglio per l’estero. Ora che dal punto di vista sanitario le cose stanno migliorando, speriamo di riprendere i contatti che avevamo aperto nel 2019 e nel 2020 in America e in Kazakistan».
Poi c’è da considerare anche la nicchia sempre più crescente del consumatore che ama bere biologico. «Per spiegare che cosa vuol dire bio, innanzitutto direi il 30% di costi in più. Ma questa è soltanto una battuta, naturalmente. Per noi il biologico resta a tutti gli effetti una scelta di campo. Tutta la nostra filiera è certificata bio, i trattamenti in campagna (molti sono quelli preventivi) avvengono solo con prodotti non di sintesi chimica e anche i lieviti di maturazione dei vini sono selezionati. E la nostra collocazione fisica a ridosso di un’area protetta è un’ulteriore credenziale d’immagine per i consumatori bio, che sono sempre di più. In nord Europa, soprattutto, questa è una sensibilità già marcatamente sviluppata e noi speriamo di intercettarla nei prossimi anni».
La degustazione
Avocetta è sorprendente, a cominciare dall’elegante tessuto dorato di cui riveste il calice. Il bouquet olfattivo è composto dai profumi della ginestra, dell’albicocca, della pesca gialla e della foglia di basilico. Al gusto si rivela asciutto, nonostante un finale dolce, ed equilibrato in acidità e sapidità, con prevalenza dei sentori degli agrumi.
Grazie alla sua freschezza e al contenuto tenore alcolico del 12%, accompagna bene le insalate estive e gli antipasti all’italiana o di mare. Ottimo anche su un piatto di trenette al pesto e in abbinamento con le scaloppine di carne magra al limone.
In riva al Cillarese, ecoturismo, storia e non solo
Con riferimento ai rischi della pandemia da Covid-19, una recente indagine della Fondazione UniVerde ha rilevato che il 74% degli italiani crede che il turismo sostenibile sia il più sicuro dal punto di vista sanitario, in virtù della disponibilità di spazi ampi e della ridotta pressione antropica delle aree protette. La ricerca ha inoltre registrato una costante crescita presso la popolazione dei livelli di conoscenza e di attrazione riferiti all’ecoturismo. A conferma giunge il dato di un’altra indagine, firmata Isnart, che evidenzia come il 49,2% degli italiani che si sono concessi una vacanza nell’estate 2020 lo hanno fatto scegliendo esperienze di immersione nella natura.
Rispetto a questa tendenza, l’oasi del Cillarese rappresenta una realtà e un’opportunità al tempo stesso. «Il bacino – spiega Dipietrangelo, che è anche vice presidente del Consorzio di Tutela Brindisi e Squinzano Doc – è gestito dal Consorzio ASI (Area per lo Sviluppo Industriale). Ultimato nel 1980, raccoglie le acque meteoriche per il loro riuso a fini industriali. È costituito dall’invaso artificiale, da una diga di sbarramento e dagli impianti di trattamento dell’acqua. Negli anni la natura ha conquistato questo posto, concedendolo a una rigogliosa vegetazione e alla fauna protetta e rendendolo, per questo, un luogo incantevole, degno di tutela. Noi e altri operatori economici puntiamo a sensibilizzare l’ASI perché apra il suo protocollo di gestione alla possibilità di visite guidate, escursioni ed esperienze di ecoturismo».
L’intera area, che misura circa 170 ettari, di cui 100 occupati dallo specchio d’acqua, già oggi si affaccia su un parco visitabile e fruibile, il cui ingresso è nel centro abitato di Brindisi. Il Parco del Cillarese ospita al suo interno strade pedonali e ciclabili attrezzate, tre laghetti con ponticelli in legno, una fontana e diverse piazze, di cui la maggiore destinata ad eventi. Nel Parco è possibile già sperimentare la dimensione naturalistica che si sviluppa maggiormente nella parte più selvaggia.
L’oasi è una zona umida di protezione dell’avifauna. È infatti luogo di svernamento e nidificazione di numerose specie di uccelli acquatici, tra cui la rara moretta tabaccata (Aythya nyroca), il moriglione (Aythya ferina), il mestolone (Anas clypeata), la folaga (Fulica atra), la garzetta (Egretta garzetta), l’airone cenerino (Ardea cinerea), il tuffetto (Tachybaptus ruficollis) e lo svasso (Podiceps cristatus). In certe occasioni sono stati rilevati anche l’airone bianco maggiore (Casmerodius albus), l’airone guardabuoi (Bubulcus ibis), la gru (Grus grus), la cicogna bianca (Ciconia ciconia). Poi anche alcuni rapaci, quali il falco pescatore (Pandion haliaetus) e l’albanella minore (Circus pygargus).
Tra gli altri animali, dimorano nell’oasi anfibi e rettili, tra cui la tartaruga palustre, il biacco, la biscia dal collare e il colubro. Infine, le volpi, le lepri, le faine, i ricci e i cinghiali.
L’avocetta, che dà il nome al Minutolo di Tenute Lu Spada, è uno degli uccelli acquatici del Cillarese. Lo si riconosce dal caratteristico becco all’insù, unico tra quelli delle specie europee. «All’avifauna dell’oasi – racconta Dipietrangelo – abbiamo interamente dedicato una delle nostre linee di vini: con Avocetta, ci sono Nyroca, Tuffetto e Moriglione. Le altre due linee sono dedicate rispettivamente alle arti letterarie e figurative e alla storia».
In queste contrade, infatti, la storia incontra il vino si può dire da sempre, particolarmente in epoca Romana. Con la costruzione del porto di Brindisi nel 244 a.C., i vini pugliesi conobbero un notevole sviluppo commerciale e la viticoltura locale continuò a prosperare per tutta l’età imperiale. Anche i letterati non furono indifferenti a questa peculiarità: Orazio nel I secolo a.C. citava i vini della zona e Plinio il Vecchio nel I secolo d.C. scriveva della Malvasia Nera di Brindisi. Nella città adriatica, inoltre, erano attive diverse fornaci per la realizzazione delle anfore vinarie (se ne possono tuttora visitare alcune nelle località Apani e Giancola), all’interno delle quali il vino solcava i mari a bordo di navi, verso le province dell’Impero.
Tra le varie testimonianze di quanto appena detto, ce n’è una particolarmente cara a Tenute Lu Spada. A Masada, in Giudea, nella reggia di Erode, fu ritrovato un lotto di anfore vinarie appartenenti a una spedizione del 19 d.C. I contenitori recavano tracce di un’iscrizione riferita a due famiglie aristocratiche brindisine (la gens dei Philonii e la gens dei Lænii), la quale è stata così ricostruita dallo studioso Daniele Manacorda: C. Sentio Satur(nino) co(n.)s(ule) I Philonianum de L. Laen(ii ji111do?) I Reg(i) Herod(i) ludaic(o) ovvero «Vino di Filone, proveniente dai terreni di Lenio, destinato al re giudaico Erode, sotto il consolato di Sentio Saturnino».
Oggi Masada e Philonianum sono due etichette di Lu Spada, che attendono di chiudere la serie “storica” con il Lænius, di prossima uscita.
«Tenute Lu Spada – aggiunge Dipietrangelo – sorge sul tracciato terminale dell’Appia Antica, tra la ferrovia che va a Taranto e quella che va a Bari. Non distante da qui sono state ritrovate ville romane e una fornace. L’Appia e la Traiana si incrociavano proprio all’estremità sud-ovest dell’attuale bacino del Cillarese, che già all’epoca era una zona dedicata alla viticultura, grazie alla presenza di canali d’acqua utili alla fertilizzazione dei vigneti. Proprio in questo periodo, insieme con altri produttori, stiamo candidando a un bando del Gal Alto Salento un progetto di valorizzazione della direttrice Apia-Traiana, attraverso percorsi enoturistici».
In verità, Tenute Lu Spada è già attiva da tempo sul fronte turistico. Gli investimenti operati sul sito aziendale (un’attrezzata sala degustazione, l’impianto di un pergolato all’italiana, roseti tra i vigneti, un orto solidale e l’autonomia energetica con il fotovoltaico) la caratterizzano ulteriormente come azienda sensibile ai valori dell’accoglienza e della sostenibilità. Ma c’è di più. Per l’estate 2021 è stato allestito un programma di eventi volti al contatto con i vigneti, invece che con la cantina, come più spesso avviene. Si tratta di esperienze eterogenee, ma con in comune un tratto di coerenza interna: passeggiate, percorsi guidati, cene tra i filari, aperitivi a bordo vigna, degustazioni all’aperto, laboratori di abbinamento cibo-vino, sessioni di yoga. E a settembre l’esperienza diretta della vendemmia e della pigiatura, aperta anche ai bambini.
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